(Da “AVVENIRE” – inserto doemicale “Bologna Sette” articolo di DI ANDREA CANIATO)
È dunque arrivato a Mapanda, martedì scorso, il grande giorno della Dedicazione: la chiesa di San Giovanni Battista viene consacrata in modo esclusivo alla gloria di Dio e alla santificazione dei credenti.
Nelle prime ore del mattino arrivano gli ultimi ospiti con i numerosi sacerdoti, alcuni dei quali originari di questo territorio, come padre Marko e padre Benjamin, il vescovo di Mafinga, monsignor Vincent Mwagala, che presiederà la celebrazione.
Da Iringa arrivano l’emerito monsignor Tarcisis Ngalalekumtwa e il vescovo monsignor Romanus Mihali, originario di Usokami.
Concelebrerà con loro il cardinale Matteo Zuppi che porta la gioia e la soddisfazione della Chiesa di Bologna per il raggiungimento di questo traguardo, atteso da molti anni.
La celebrazione inizia all’ukumbi, il salone che fino al giorno prima era servito come chiesa e la solenne processione si avvia all’ingresso principale della nuova chiesa dove tutta l’assemblea, numerosissima, si raduna in attesa di entrare.
Provengono da tutti i villaggi che compongono la parrocchia; molti di loro hanno camminato per molte ore e sono arrivati la sera precedente.
A nome di tutte le maestranze, tocca ad Aldo Barbieri illustrare al Vescovo e a tutti i presenti la struttura che si va ad inaugurare: «È per me una grande gioia, ma anche una grande responsabilità essere qui a parlare di una chiesa fatta di mattoni, perché qui la Chiesa c’è già, ed è la vostra bella comunità, il vostro modo di essere fratelli, da cui c’è tanto da imparare.
Con il salmo diciamo: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori”».
Poi l’ingresso solenne: il passaggio della porta non è un atto banale.
La vera porta della salvezza è Cristo, e ogni passaggio rinnova il desiderio di seguirlo e di appartenergli nell’essere Chiesa.
Il coro prende finalmente posto nei suoi spazi.
Il rito della dedicazione, per certi aspetti, richiama l’iniziazione cristiana: la chiesa di pietra è immagine del Corpo della Chiesa, nel quale si accede attraverso i sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell’Eucaristia.
Per questo viene benedetta l’acqua e la chiesa riceve il suo Battesimo per aspersione: le persone, i poli liturgici, i muri, l’interno e l’esterno.
Prima della proclamazione della Parola di Dio, il Vescovo ha voluto benedire coloro che abitualmente svolgono il servizio di lettori nelle Messe della parrocchia.
Un gesto che aiuta a comprendere l’importanza della proclamazione liturgica delle Scritture e il loro valore per la vita dei credenti.
Le letture sono quelle proprie del rito: dal libro di Neemia, la prima commovente rilettura comunitaria delle Sacre Scritture dopo la cattività babilonese; l’apostolo Pietro che ricorda che i credenti sono le «pietre vive» dell’edificio di Dio e il Vangelo di Zaccheo, con quelle parole di Gesù che oggi prendono carne: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa».
Il più anziano dei quattro, il vescovo Tarcisius, tiene l’omelia.
Questo vecchio e saggio patriarca celebra la misericordia di Dio che accompagna nel tempo il cammino del suo popolo.
Le Litanie dei Santi preparano al momento culminante.
La gran festa per la nuova «casa di Dio»
«È una grande gioia – confessa con emozione il vescovo Vincent – per la nuova diocesi di Mafinga, ma credo anche per l’arcidiocesi di Bologna. In 25 anni abbiamo realizzato due chiese: quella di Usokami, dedicata alla Madonna di Fatima, e oggi quella di Mapanda, dedicata a Giovanni Battista». «Io sono stato il parroco di Usokami – continua -, prendendo il posto dei missionari bolognesi, ma non avrei mai immaginato che a inaugurare la chiesa di Mapanda fossi proprio io.
Con il vescovo di Iringa, Romanus, siamo stati entrambi pastori di Usokami: alla fine entrambi siamo diventati Vescovi.
Oggi abbiamo dedicato questa chiesa con una presenza massiccia di fedeli e abbiamo avuto la gioia di avere con noi il cardinale Matteo Zuppi, che ha arricchito questa celebrazione».
E conclude ricordando Papa Francesco: «Davvero un momento di fratellanza, che indica come la Chiesa sia viva e missionaria, come ci ha chiesto il compianto Papa Francesco: dobbiamo muoverci insieme e portare il Vangelo a tutti».
Poi, come un battezzato e cresimato, l’altare riceve la veste bianca delle tovaglie.
Tutto è pronto per la prima celebrazione dell’Eucaristia.
Dopo la Comunione, le specie eucaristiche vengono portate solennemente nel Tabernacolo: Dio abiterà per sempre in questa casa nel segno santissimo del Sacramento eucaristico.
I sacerdoti della parrocchia hanno voluto che questo giorno segnasse l’inizio della Missione popolare.
Preti, religiosi e laici ricevono dai Vescovi il crocifisso, col mandato di annunciare la gioia di appartenere a Cristo. Andranno nei villaggi, visiteranno le famiglie, incontreranno giovani e anziani per annunciare loro la speranza cristiana.
Sarà forse l’ultima grande iniziativa pastorale che vedrà impegnati i preti bolognesi in questa terra.
È il momento del ringraziamento.
Un’arte tutta africana.
Prendono la parola i vescovi e il cardinale, tradotto in swahili da don Davide Marcheselli che fu primo parroco di Mapanda ed è ora in Congo: dice tutta la gioia e l’attesa della Chiesa sorella di Bologna.
«Questa casa è frutto di una storia lunga cinquant’anni – ricorda -. L’amore vero non invecchia mai, non si perde, non finisce, perché si trasforma e ci trasforma. Unisce le nostre Chiese di Mafinga-Iringa e Bologna.
Questo legame si chiama comunione, che è molto più di rispetto, di collaborazione, di solidarietà, perché comunione è proprio pensarci insieme, amarci l’un l’altro».
«Tanti anni fa – ha concluso – alcuni nostri fratelli vennero a Usokami, e poi qui a Mapanda, e vennero solo perché amavano e seguivano Gesù.
Li ringrazio tutti. Insieme a monsignor Giovanni Silvagni, vicario generale della Diocesi di Bologna, ne nomino alcuni.
Anche loro sono con noi: Baba Giovanni, Guido, Tarcisio, Mama Maria Lidia, Maria Gemma, Mama Cornelia, Mama Vincenzina, Mama Assunta, Mama Maria Angelina, il dottor Edgardo, don Giovanni Nicolini.
Vorrei ricordare anche, i cardinali Poma, Biffi e Caffarra che tanto hanno creduto a questo legame, così come monsignor Cé.
Insieme a loro i tanti, ma tanti, che hanno lavorato e pregato per voi, che sono venuti, ad iniziare dai preti che si sono avvicendati qui e quanti che hanno preparato questa strada che non c’era, hanno atteso il Signore e lo hanno indicato presente come fece Giovanni Battista.
E un grazie speciale anche a don Davide e a don Marco, a tutto l’Ufficio missionario, a don Francesco Ondedei e agli altri, a cominciare da Paola Ghini».
Il rito ha impegnato gran parte della giornata e la Messa si è prolungata ancora nella gioia di condividere la mensa fraterna. È l’inizio di un futuro ancora tutto da immaginare.
Un viaggio ricco di eventi e incontri
S i è conclusa la visita in Tanzania, iniziata il 20 giugno, di una delegazione diocesana guidata dall’arcivescovo Matteo Zuppi alla parrocchia di Mapanda, in occasione della consacrazione della nuova chiesa.
Della delegazione che accompagnava l’Arcivescovo faceva parte tra gli altri il vicario generale per l’Amministrazione monsignor Giovanni Silvagni.
Momento centrale della visita è stata naturalmente la grande celebrazione della consacrazione della chiesa, martedì 24 giugno, festa di san Giovanni Battista a cui il nuovo edificio sacro è dedicato.
La domenica 22 il cardinale Zuppi aveva invece presieduto la celebrazione del Corpus Domini, con la Messa nella chiesa provvisoria e la processione eucaristica lungo le vie di Mapanda.
Il giorno successivo, un importante incontro fra l’Arcivescovo e i catechisti che guidano la vita cristiana nei villaggi che compongono la parrocchia.
Nei giorni successivi, la delegazione bolognese ha visitato altri luoghi, tra cui Usokami, primo luogo della presenza dei missionari della nostra diocesi, 50 anni fa, e Mafinga, sede della nuova diocesi.
Approfondimenti, foto e video anche sul sito www.chiesadibologna.it, sul canale YouTube di 12Porte e sui social Facebook e Instagram.
La solenne preghiera del Vescovo, il gesto così nobile e sacro dell’Unzione crismale.
Il vescovo Vincent, con l’olio da lui stesso benedetto nella Messa crismale, unge tutta la mensa dell’altare.
Ciò che è consacrato appartiene a Dio e non avrà altro utilizzo se non la celebrazione del mistero pasquale.
Il cardinale Zuppi e il vescovo Romanus proseguono le unzioni nelle dodici colonne della Chiesa.
La prima offerta dell’incenso ricorda che la vocazione di tutti i battezzati è la comunione con Dio nella preghiera e nell’adorazione.
Pubblichiamo uno stralcio dell’omelia dell’arcivescovo nella Messa che ha celebrato a Mapanda (Tanzania) per la solennità del Corpus Domini. Testo integrale su www.chiesadibologna.it
“È per me una grazia particolare celebrare con voi la festa del Corpus Domini.
Siamo una cosa sola nell’amore di Cristo, anticipo di quell’unità di cuore che vivremo in cielo.
E canteremo come il vostro coro, tante voci e ognuno ha la sua, con una voce sola.
E danzeremo come Davide intorno all’Arca, pieni dell’amore di Dio.
Oggi viviamo in un mondo litigioso, ingiusto, che mette paura.
Proprio in un mondo così Gesù inizia un mondo nuovo, ci ama e si fa compagno di strada perché impariamo tutti ad amarci gli uni gli altri.
Non è un sogno, un’illusione!
È la Chiesa, è questa casa, è la nostra amicizia, che è d’oro per cinquant’anni di comunione, che ci rende una cosa sola, diversi ma uniti, mai divisi.
Ecco la mia gioia: il Corpus Domini è il mistero dell’Eucarestia che vediamo su questo altare e che è anche il Corpo della Chiesa, fatto delle nostre persone e dei tanti fratelli e sorelle lontani e di quelli che celebrano la liturgia in Cielo.
Il Corpus Domini è Gesù che ci riempie del suo amore, ci nutre di Lui perché diventiamo come Lui.
Gesù non ci fa una promessa, non esprime un’intenzione, come spesso facciamo noi e che poi non mettiamo in pratica.
Gesù ci dona se stesso. Infatti non basta dire ti voglio bene, perché l’amore si deve vedere, deve diventare presenza, opera, a cominciare da quelle di misericordia come dar da mangiare all’affamato e visitare l’infermo.
Gesù è la verità dell’amore e ci ama proprio perché anche noi non abbiamo paura di farlo.
Gesù nell’Eucarestia non dà «qualche cosa», ma tutto se stesso.
Offre il Suo corpo e versa il Suo sangue.
Se lo fa Lui, che è il più grande, l’eterno, l’onnipotente, noi non faremo lo stesso?
Chi ama dona tutto quello che ha per fare star bene la persona che ama.
Non fa così una madre, un padre con i suoi figli?
Non fa così un amico vero? L’Eucarestia ci unisce a Cristo e ci apre agli altri, ci rende membra gli uni degli altri, una cosa sola in Lui.