Se Brento, l'antico
Brintum dei Romani,
sorgesse per mano degli Etruschi, dei Galli Boj, o de' Romani stessi, s'ignora; ma saremmo tentati a credere che chiudendo i monti ove è posta Brento l'antica Boica regione, in luogo adatto a difenderne dalla parte di Etruria l'ingresso, fosse questo appunto da Galli Boj eretto e formasse una delle cento doci Tribù di questa nazione, per cui ai tempi della Romana Repubblica stesse considerevole Città e munitissima.
E si è confermati in tale opinione dal rinvenimento in questo luogo di diverse medaglie consolari di Argento di terza grandezza.
Sorge il borgo di Brento sul fianco di un Monte denominato Donico, con corrutela evidente del suo nome di Adonico da Adone, che vuolsi avesse qui un tempio.
Che anzi da taluno de' naturali del luogo chiamasi un Antro che s'apre su di una rupe sovrastante a detto Borgo, ora grotta di Monte Donico, ora Tana delle Fate ed ora Balza o Tana di Monte Adone.
Appellazioni tutte che sembrano derivate appunto da quella immemorabile tradizione della esistenza di un tempio sacro ad Adone.
E ben è a credersi che per associazione d'idee a tale esistenza, la immaginazione degli abitanti nei secoli di mezzo in questa Contrada, e de' limitrofi, fosse portata a credere che per entro a questo scoglio alcun tesoro esistesse o miniera aurifera; nel quale inganno facilmente fossero stati condotti dalla quantità della Mica d'oro così detto oro di gatto che vedesi framischiata col Macigno Arenario che forma la rupe.
E sembra appunto che a rinvenire un tale sognato tesoro fosse diretto lo scavo di questa grotta, fatto certamente a mano d'uomini, e che in appresso alcuno Archeologo, rinvenuta una tal grotta praticata sotto la sommità di un monte ove immaginavasi essere un giorno il "Delubro di Adone", fosse condotto a credere essere un tal luogo destinato da' Sacerdoti di quella falsa divinità a far rendere gli Oracoli al nume ivi venerato, come un'empia frode in altri Tempii praticavasi.
Nè da altro curioso motivo può essere derivato il vedere sul limitare di questa grotta segnati sul macigno i nomi di uomini non volgari, incominciando dal 1451 sino al 1779.
Che che ne sia però del motivo per cui fosse questa grotta praticata, è però in fatto che non dimostra nella parte superiore apertura alcuna che mettesse all'immaginato tempio, nè vestigio alcuno detta esistenza del medesimo sulla vetta sovrastante a detta grotta.
Quando Brento cadesse distrutta s'ignora, ma certamente lo fu prima del cinquecento per mano dei Barbari, che invasero questa misera Italia alla decadenza del Romani Impero; essendochè era questo evidentemente munitissimo luogo e sulla Strada antica che dall'Emilia metteva in Toscana per le pendici di Iola, di Sesto, di Brento, di Monterumici, ecc. e quindi o apponesse resistenza, o potesse impedire un facile ritorno alle ordi barbariche esse un tale ostacolo rimuovessero con sua distruzione.
Nè il terreno che in oggi occupa il Borgo di Brento era già quello ove ergevasi l'antica Brintum, conciossiachè l'attuale Brento non sorse, che dopo, la distruzione del primo accaduta intorno al secolo quinto della Chiesa.
E non puossi congetturare che fossero avanzi di rovina, gli avanzi di un Castello che veggonsi tutt'ora a poca distanza di detto Borgo, poichè e la figura di sua circonvallazione, e la qualità de' materiali, e la composizione de' materiali, e la composizione loro l'additano per fabbrica non più lontana di quattro secoli, quando non volesse supporsi essere serbato per la nuova costruzione il sito stesso.
Esisteva certamente questa Chiesa nei primi tempi dell'era Cristiana e molti autentici documenti lo attestano, e non ignorasi come di detta Chiesa e suo circondario facesse dono Agapito primo sino dal cinquecento, distrutta come si disse l'antica brento, a Teodoro sedicesimo Vescovo di Bologna; donazione confermata circa il 590 da pelagio I, da carlo magno, nel 771, a Pietro 3° Vescovo di Bologna, da Formoso circa l'891 ad Alamberto 4° Vescovo; nel 891 da Ottone °, ad Alberto nel 960, da Gregorio VII a Lamberto 52 vescovo nel 1074, finchè liberamente il vescovo Ottaviano Ubaldini ogni cosa donò a Padre Serviti il 16 Luglio del 1293.
E dal relativo Instrumento di donazione rogato da Ser Arnolfo del quond. Gioachino Lanfranchini consta che tale donazione fu fatta col consenso del Consiglio di Bologna, dei Signori di Loiano, dell'Arciprete e Capitolo della Pieve del Pino sotto la cui giurisdizione era Brento, e restò, finchè eretta in Pieve la Chiesa di Pianoro, il che accadde li 12 Giugno 1600, nella cui giurisdizione essa venne.
Nel suddetto anno 1293 i summentovati PP. Serviti ne presero possesso, e colà andarono a stanziarsi otto di essi, e nel 1408 era questo luogo la residenza del Priore dell'Ordine de' Servi.
Ma appare da documenti che esistevano nell'Archivio di questo Monastero de' Servi, come essendo venuto meno le rendite, e perciò insufficienti al mantenimento di detti otto individui, uno solo de' medesimi ivi sostasse a compiere l'ufficio a Pianoro.
Dal solito autentico Campione di questa Mensa Arcivescovile del 1378 appare come in Brento esistessero due Chiese, l'una dedicata a S. Ansano che è l'attuale Parrocchia, e l'altra a S. Zenone del Castello di Brento, ed ambedue sotto il Plebanato del Pino.
Fu quest'ultima unita in seguito a quella di S.Ansano, e quindi, ridotta forse in istato di decadenza, demolita.
E servirono forse lì di Lei i materiali alli restauri o riedificazione della Parrocchia che avvenne nel 1487, come ne fa fede una lapide esistente sul fregio dell'Ornato della Porta, nella quale si legge "S. Ansanus voventes exaudit 1487".
Accaduta poi il 12 Giugno 1680 la erezione in Pieve della Chiesa di Pianoro, fu S. Ansano di Brento tolta al Plebanato del Pino, ed assoggettata, come lo è tutt'ora alla Chiesa di Pianoro.
Circa poi al Monastero de' Servi quivi esistente, cessò di esserlo, allorchè Innocenzo X nel 1652 abolì tutti li piccoli Conventi, e la Chiesa passò ad essere amministrata da un Prete secolare, salvo a' Proprietarii il diritto di nominare il Parroco.
Tale fu il fine di un Convento celebre un tempo per uomini di chiara fama di Santità e dottrina.
Qui era il sepolcro dell'illustre Cardinale Latino Ostiense, o Velitrense al quale tanto doveva il Popolo di Bologna.
Ma questo sepolcro ora più non esiste, e forse fu distrutto nel rinovare la presente Chiesa; esempio fatale di barbaro Vandalismo le tante volte in simili circostanze rinnovellato.
Il Giuspatronato di questa Parrocchia appartenne sempre ai Padre Serviti sino alla loro soppressione avvenuta nel 1797, dopo la quale cadde alla Mensa Arcivescovile di Bologna, che il tenne sino alla ripristinazione di detto Ordine nel 1819; alla qual epoca vennero i Serviti nel primiero diritto ripristinati.
E poichè il Parroco della Chiesa era mantenuto a spese del Convento de' Servi, così il Governo occupatore delle loro sostanze caricossi del di lui sostentamento sino al 1810, nel quale dalla R.C.A. venne dottata detta Chiesa di Beni fruttiferi sufficienti
al mentenimento di suo Rettore.
E' d'essa frabbricata alle falde dell'alto Monte volgarmente detto il " Balzo del Castello, o Monte Venere".
E' lunga piedi sessanta e larga venti.
Fù ristaurata nel 1838 dall'attuale suo Parroco, e decentemente posta a semplice soffitto.
Non ha che tre altari, il maggiore de' quali s'innoltra di tanto da lasciare un sufficiente spazio per il coro, e sono tutti formati elegantemente di Scagliola.
La Tavola del primo rappresenta S. Ansano con altri Santi e la Beata Vergine in Gloria.
Il laterale a destra che come l'altro a sinistra non è internato in alcuna Cappella è dedicato alla Madonna de' sette dolori rappresentata in un quadro dipinto sino al 1657, nel quale l'autore all'interno rappresentò in tanti compartimenti la Passione del Nostro Divin Redentore.
Fù in questo altare sino al 1618 fondata la Compagnia sotto tal titolo.
Il seconfo Altare a sinistra è sacro a Maria Santissima sotto l'invocazione del Rosario ed ha analogo quadro.
E qui pure nello stesso anni 1618 venne eretta la Compagnia del Rosario.
Il Campanile venne ristaurato dal benemerito Parroco M.R. Don Giovanni Fanelli.
Attiguo a questa Chiesa ed alla stessa immediaramente appartenente è un Oratorio, che costituiva la prima Chiesa, prima che fosse l'attuale più vasta riedificata od ampliata.
E vuolsi che questa fosse servata a percipuo intendimento di non isminuire la devozione de' popolani verso S. Ansano, al quale specialmente hanno ricorso quelli che sono afflitti da Ernie.
Lontano pochi passi da questo Oratorio ritrovasi un piccola Grotta nella quale una pia tradizione vuole che si ricoveressa S. Ansano a menar vita eremitica.
Ma una tale tradizione non sembra autorizzata dalla posizione, e dalla struttura istesssa della Grotta.
Imperocchè non debba sembrare stanza molto adatta ad un Eremita la prossimità di una strada di tanta frequenza che per di lì correva, nè l'ampiezza del luogo ove appena può adagiarsi un uomo, nè l'escavo della medesima, che non si addimostra di antica data.
Nel circondario di questa Parrocchia esistono due altri pubblici Oratori.
Il primo è dedicato a S. Lucia detta di Brento, nel quale in Conte Girolamo Malvasia nel 26 Novembre 1616 con Rogito di Vittorio Barbadori fondò un Benefizio semplice sotto l'invocazione di detta Santa, e vuolsi che qui sorgesse un giorno la Chiesa Parrocchiale.
Il secondo è dedicato a S. Domenico, ed è detto della Piana, perchè appartenente a famiglia di tal nome, ed eressolo Antonio Piana oltre la metà dello scorso secolo.
Confinano con detta Parrocchia retta attualmente dal Molto reverendo D. Giuseppe Bacialli, quelle di Scascoli, Livergnano, Pianoro, Guzzano, Badalo e Monte Rumici.
Dista da Bologna miglia dodici.
La di Lei popolazione è circa di 300 anime.
Appartiene alla Comune di Monzuno ed è sottoposta al Governo di Loiano.
(art. firmato dal Dott.Aureli)