Lectio di Don Marco Settembrini

Come leggere e pregare l’ANTICO TESTAMENTO

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DON MARCO SETTEMBRINI:
COME LEGGERE E PREGARE L’ANTICO TESTAMENTO

Lunedì 20 ottobre 2025

L’ANTICO TESTAMENTO PARLA ATTRAVERSO PARABOLE E RACCONTI
È molto bello che la vostra parrocchia sia sotto la protezione di San Girolamo, che cercò di comprendere quale fosse il modo migliore per rendere in latino la densità del messaggio delle Scritture del popolo di Gesù, composte in ebraico.
Le lettere scritte da San Girolamo trasmettono proprio questa passione, come si sentisse in dovere di tradurre la Parola.

Abbiamo l’Antico Testamento perché raccoglie le Scritture lette da Gesù e dai suoi Apostoli. Il cristianesimo si diffonde all’interno delle comunità giudaiche, nelle sinagoghe: i primi cristiani continuano la lettura delle Scritture del popolo d’Israele così come grazie all’ascolto e alla lettura di queste pagine gli apostoli hanno capito più profondamente quello che hanno visto e ascoltato nell’annuncio di Gesù.
La vita di Gesù compie la storia della salvezza raccontata nell’Antico Testamento.

L’Antico Testamento comprende quattro grandi parti: la legge di Mosè, i cosiddetti libri storici che raccontano la storia del popolo d’Israele, i Salmi e i Libri sapienziali, e infine i profeti (Isaia, Geremia, Ezechiele – i cosiddetti profeti maggiori – e poi i profeti minori, detti così perché i loro scritti sono costituiti da pochi capitoli).
L’insieme di queste Scritture venne elaborato dall’800 a.C. fino alla nascita di Gesù.

A scuola siamo stati accompagnati allo studio e alla lettura dell’epica – l’Eneide, l’Odissea, ad esempio – mentre non siamo stati avviati allo studio dell’Antico Testamento. Ci sono certo familiari i racconti che vengono proclamati all’interno della Liturgia, ma è difficile frequentare corsi sulla letteratura ebraica, sulla storia di quell’epoca, e quindi è normale chiedersi: “Devo prendere alla lettera le cose che si dicono nella Bibbia, oppure esiste un qualche criterio interpretativo?”

Con l’esperienza si capisce quali sono le pagine che si possono proporre e capire a una prima lettura, e invece quali siano quelle che richiedono una lettura metaforica. Sappiamo che Gesù stesso presuppone racconti che richiedono un’interpretazione metaforica: pensiamo al largo uso che fa delle parabole, necessarie per parlare del Padre e del Regno dei cieli. Anche oggi, a Messa, ne abbiamo sentita una (cfr. Lc 12, 13-21).

L’Antico Testamento contiene innanzitutto dei racconti, delle parabole simili a quelle che conosciamo nel Vangelo. Quando Gesù racconta delle parabole, può fare allusioni a fatti noti e al tempo stesso proporre circostanze che non sono necessariamente successe: l’importante è che i discepoli colgano il messaggio essenziale. Anche nei racconti dell’Antico Testamento, vi sono pagine che possono contenere riferimenti storici, e altre che prescindono dall’accuratezza storica.

Perché si parla mediante racconti e parabole?
Perché si pensava che per ragionare a mente lucida occorresse essere portati in una “terra lontana”.
Facciamo un esempio tratto dall’Antico Testamento.
Un profeta (Natan) si presenta dal re Davide e gli racconta la parabola di un signore ricco, che possedeva greggi, armenti, mentre il suo vicino di casa, povero, possedeva una sola pecorella.
Tale ricco, al momento di imbandire la sua tavola per gli ospiti, andò ad uccidere l’unica pecorella del suo vicino. A sentire questo, Davide si sdegna, ordina che quel ricco venga punito, ma il profeta gli dice: “Tu sei quell’uomo!”.
Davide aveva il regno, tante donne, e si è invaghito della moglie di un soldato, l’ha presa e ha fatto uccidere il marito.
Davide è stato portato a riflettere sul proprio peccato grazie a una parabola, una storia che apparentemente non lo riguardava. La parabola ci porta in un tempo lontano e ci sollecita a pensare a mente lucida su questioni che in fondo ci riguardano.

Alcune volte vengono raccontate singole parabole, altre volte la narrazione dell’Antico Testamento intreccia una serie di parabole, collegata le une alle altre fino a formare una storia assai articolata. È spesso difficile sapere se le vicende raccontate traggano spunto da fatti realmente successi: si parla anche di avvenimenti che risalgono a 1.200 anni prima!

Un conto è parlare e capire notizie risalenti a dieci – cento anni prima, un conto soppesare tradizioni di secoli e millenni addietro. Certo antiche tradizioni sono state riattualizzate e ripresentate più e più volte perché gli ascoltatori potessero immedesimarsi, al punto da rendere spesso oggi impossibile risalire al loro nucleo originario.

Di fatto la Chiesa ascolta queste pagine per ricevere sapienza, per ragionare sul senso della vita, su come Dio, nella storia, venga incontro alle persone, facendole crescere attraverso prove e consolazioni.

EPISODI DELLA GENESI:
DIO PARLA E CI FA PASSARE DALLA NOTTE ALLA LUCE

Vediamo ora alcuni esempi.
Anzitutto, la Bibbia comincia così (e sentite la solennità di queste parole…): “Quando in principio Dio creò il cielo e la terra, e la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque, Dio disse :Sia luce! – e la luce fu”.
La Bibbia inizia raccontandoci da subito la cosa più importante: Dio ha parlato!
Dio non parla come sto parlando io questa sera, emettendo suoni e frequenze.
Dobbiamo riflettere su cosa voglia dire parlare: vuole dire farsi conoscere, instaurare un rapporto con qualcuno, esprimere i propri sentimenti, istruire, consolare, rimproverare, mostrarsi presente.

Che Dio voglia fare tutto questo con noi ci appare incredibile: perché Dio dovrebbe parlarci?
Perché il Creatore del cielo e della terra si dovrebbe interessare alla nostra vita, così piccola rispetto all’universo e alla storia?
Perché mai Dio dovrebbe avere a cuore proprio noi?

Sembra un mistero ancora più impenetrabile del mistero dell’esistenza di Dio: posto che Dio esiste, perché gli interessa la mia vita?

Di fatto le Scritture ci insegnano che Dio ci parla, perché ci ama.
Come un padre o una madre, non può stare zitto: Dio parla, e quando parla, si passa dalla notte al giorno.
Sarà capitato anche a voi o a un vostro amico di avere incontrato e sperimentato l’Amore di Dio e il Suo perdono a un certo punto dell’esistenza, e di essere passati dalla notte al giorno.

Dio ci sa rialzare, ci sa guarire perché ci ama: Genesi 1 afferma che quando Dio parla “la luce fu”. Il Salmo 138 ribadisce: “Nemmeno le tenebre sono per te oscure, e la notte è chiara come il giorno; per te le tenebre sono come luce”.
Nella Bibbia Dio parla, come un genitore, si fa conoscere.

Noi siamo in grado di ascoltare la Sua voce, di capire qualcosa di Lui, di percepire la Sua presenza e la Sua volontà. Dio dà la luce ossia condivide qualcosa di sé: la luce è come il suo manto, come dice il Salmo 104 (“avvolto di luce come di un manto” ). Dio è vita e ci fa vivere, Dio è luce e ci illumina, Lui è respiro e ci fa respirare.

L’UOMO CREATO A IMMAGINE E SOMIGLIANZA DI DIO

Si racconta che il Signore volle creare l’uomo, maschio e femmina, a sua immagine e somiglianza.
Sembra di ascoltare ciò che Dio dice agli angeli: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza”.
Che l’umanità abbia la sembianza degli angeli è presupposto nel libro di Tobia, dove leggiamo che Tobia cammina giorni e giorni a fianco di Raffaele, che è un angelo, senza accorgersi della sua vera identità. Assomigliare agli angeli e a Dio significa poi più profondamente essere loro affine e potersi capire con loro, così tra persone che si assomigliano.

IL PRIMO COMANDO DI DIO

Il primo comando di Dio è : “Crescete e moltiplicatevi!”.
Questo comandamento venne preso alla lettera dai rabbini e dalla tradizione ebraica che definì l’obbligo di avere un maschio e una femmina (perché Dio ha creato un maschio e una femmina) oppure due maschi (come Mosè).

Si tratta piuttosto di un insegnamento (la parola “Legge” significa proprio “istruzione, insegnamento”) che indice a riflettere sul senso della vita: quando si è giovani si pensa di dover fare, imparare, guadagnare, affermarsi, poi ad un certo punto si comprende che la vera felicità sta nel “consegnarsi” a un’altra persona, accogliere un altro, offrirsi.

Quando Dio dice “Crescete e moltiplicatevi”, non ha interesse ad ordinare di mettere al mondo quattro, sette o dieci figli. Indica piuttosto una prospettiva: si è felici nella donazione di sé a un altro.
Dalla donazione reciproca nasce la vita dei figli, che apre al futuro e consolida il presente.

Molto spesso quando trovate nell’Antico Testamento dei comandi, anche i più strani, dobbiamo continuare a “battere” il testo e indagare, fintanto che non troviamo una luce.
San Gregorio Magno sosteneva che leggere la Bibbia è come battere una pietra, durissima che a un certo punto sprigiona luce: nei testi biblici dobbiamo cercare un significato utile per la nostra vita, spesso ulteriore a quello semplicemente letterale.

ADAMO ED EVA
I PERSONAGGI DELLA BIBBIA E I LORO DIFETTI

Andando avanti nella lettura della Genesi, incontriamo Adamo ed Eva, che sono resi responsabili del mondo intero: degli animali, della custodia del giardino (vangarlo, ararlo, ecc.). La loro vita, come la nostra, consiste infatti nell’imitare Dio: Dio pianta un giardino, favorisce la vita, e noi dobbiamo dedicarci a curare la terra. Abbiamo ricevuto da Dio un’eredità da custodire con amore. La vita consiste nell’imitazione di Dio: Lui perdona, consola, e non dobbiamo imparare a perdonare e consolare.
Il grande Adamo poi sospetta che Dio non voglia la sua felicità e lui disobbedisce.

Nella Bibbia quasi tutti i personaggi da un lato ci sono di esempio e dall’altro ci sono di monito, assomigliandoci per le loro debolezze. Persino Noè ad un certo punto si ubriaca! Pure Abramo, dopo aver obbedito a Dio senza esitare, dubita di poter concepire un figlio con Sara e la espone al pericolo. Sara a sua volta diventa gelosa di Agar, ed è con lei impetosa, cacciandola nel deserto proprio quando si trova incinta. Tutti questi esempi ci sono offerti perché possiamo riconoscerci nei personaggi dell’Antico Testamento. Abramo diventerà “perfetto” stando con Dio, grazie al rapporto con Lui.

Anche Mosè pecca e insegnerà i dieci comandamenti dolendosi di non averli vissuti, come dicendo: “Non fate come me! Non uccidete! Non adorate idoli”. Mosè cambia grazie a Dio e la Bibbia ci aiuta a cambiare, a diventare umili, capaci di servire, di amare, di perdonare.

CAINO E ABELE: IL SANGUE DI ABELE

Ora l’Antico Testamento è molto bistrattato. È anche oggi citato per giustificare ingiustizie e violenze. Ma si pensi all’episodio di Caino e Abele. Quando la terra beve il sangue di Abele, divenne sterile.

Caino poi, agricoltore, è costretto a emigrare, è preso da inquietudine e se ne va ramingo.
La Bibbia ribadisce che la terra vomita gli abitanti che la contaminano versando sangue.
La terra deve essere rispettata: non si può versare sangue.
Allora capite che è assurdo dire che l’Antico Testamento racconta di uccisioni e stermini quasi come se fossero giustificati.

L’ESODO, LA LIBERAZIONE E LA LOTTA CONTRO IL MALE (AMALEK)

Passiamo al racconto dell’Esodo. Il popolo d’Israele è stato liberato e l’Esodo insegna che Dio innanzitutto libera i suoi figli – anche noi desideriamo essere liberi e avere amici liberi. Dio non costringe: l’amicizia vera è libera.
Gli israeliti trovano poi una sorgente nel deserto, e Amalek ne contende il possesso. San Paolo, nella Prima Lettera ai Corinzi, dice che gli Israeliti quando camminarono nel deserto vennero dissetati da una roccia.

Nel Nuovo Testamento è Cristo che ci dà l’acqua viva (“chi ha sete venga”) e San Paolo afferma che la nostra guerra non è contro le persone ma contro le potenze del male e i demoni.
Amalek non è altro che la personificazione del male che vuole toglierci l’acqua, che vuole spegnerci la sete, che vuole distruggere il nostro rapporto col Signore e con la grazia.
Amalek è la personificazione di colui che proprio vuole cancellare la volontà di Dio per una volontà di morte.
Come si vince Amalek?
Con Mosè che tiene le mani stese in alto: pregando.
È Dio che vince, con le nostre preghiere che gli presentiamo.

Mosè non riesce da solo, deve essere affiancato da Aronne ed Ur: Aronne che è il padre dei sacerdoti, Ur è l’antenato dei costruttori del Tempio di Gerusalemme, e questo per dire che la preghiera di Mosè si prolunga nel Tempio.
Amalek si vince anche grazie alle preghiere e i sacrifici offerti.
Si racconta quindi di una battaglia, ma il racconto ci spinge a chiederci: chi è Amalek?
Cosa rappresenta?
Di quale realtà stiamo parlando, e come si vince?
La realtà è quella sovrannaturale (“Liberaci dal male”, dirà Gesù con il Padre nostro).
Amalek sembra impossibile da sradicare, ed è per questo che lo ritroviamo parecchie volte nell’Antico Testamento, perché rappresenta la lotta contro le tenebre del male.

I SALMI IMPRECATORI

A proposito di lotta contro il male, nell’Antico Testamento vi sono i cosiddetti “Salmi imprecatori”, preghiere molto “forti”, in cui si chiede che il Signore intervenga. La Bibbia è scritta con le parole delle persone di tutti i tempi, e le persone ospitano tante emozioni: la Bibbia ci parla di Dio con le parole che usavano le persone di quei secoli. Sono talvolta espressioni molto crude, ma non per questo meno vere: sono gli stessi sentimenti che proviamo noi oggi, solo che tendiamo ad anestetizzarli: la realtà della Bibbia non era più violenta della nostra.

La Bibbia è così perché la nostra vita è così: noi forse vorremmo una Bibbia in cui tutti sorridono, in cui non si sbaglia mai…La Bibbia ci parla di egoismi feroci, di sangue innocente versato. La Bibbia ci provoca ed entra nelle pieghe del male perché Dio vuole entrare nelle pieghe della storia e nelle pieghe del male -per guarirci

IL LIBRO DEI PROVERBI

Passiamo ora alla letteratura sapienziale. Il libro dei Proverbi dà voce a un padre che istruisce il figlio su come deve comportarsi, e lo esorta a stare attento alle persone a cui si accompagna, agli amici. Inoltre, afferma che il denaro possiede colui da cui è posseduto: è possibile possedere denaro senza essere posseduti dal denaro?

Bisogna stare attenti, perché si versa sangue per cupidigia, per brama di denaro: questo è il primo insegnamento del padre al figlio. Il libro poi mette in scena una donna bellissima, che impersonifica la Sapienza, che frequenta i posti più affollati della città perché vuole parlare con tutti e dice: “Chi è inesperto venga da me… vi istruirò senza spesa”.

Questo ci vuole far capire che tutti possono diventare sapienti, però bisogna fare attenzione: “Se non ascolterete, nel giorno del disastro io non potrò fare nulla di buono per voi”.
Vuol dire che se uno non fa tesoro di ogni giornata, questa non si ripresenterà. Non si torna più indietro. Se una cosa non la si impara quando si ha l’occasione di ascoltarla, quella lezione è perduta. È una parola molto concreta, quella della Bibbia.
I salmi ci sono familiari e li continuiamo a recitare come Chiesa e come Corpo di Cristo che prega.

I PROFETI. GIONA.
CONCLUSIONE

Infine, abbiamo i profeti, che sono innanzitutto fratelli. Si dice che il profeta sia qualcuno di vicino, un fratello che parla della propria città, che si rende conto di avere dei fratelli, che prende a cuore le vicende del suo popolo. Geremia dirà: “Non c’è nessuno che si prende a cuore…” Il profeta è un fratello che comprende che Dio parla, ed ascoltando Dio si sente responsabile dei fratelli; è quindi un uomo che sta vicino a loro.

Concludo citando il racconto di Giona, un libriccino di pochissime pagine che si presenta come un racconto che vuole dire tante cose. Giona è un profeta che non aveva obbedito a Dio, all’inizio, da cui una serie di peripezie (il naufragio, tre giorni inghiottito dal pesce), fino a che Dio non gli ordina: “Ora vai a Ninive, e porta il mio annuncio”.

Dopo nemmeno un giorno di cammino e di predicazione, tutti sono colpiti dalle sue parole, tanto che desiderano cambiare vita: fanno digiuno, penitenza, indossano il sacco, fanno fare penitenza anche agli animali domestici. Giona, il cui nome significa “colomba”, rappresenta la “piccolezza” della colomba rispetto ad altri animali più forti; questo vuole anche significare che Israele si sente molto piccolo rispetto ad altri popoli. I profeti sono amici di Dio e pronunciano una Parola la cui efficacia è incredibile e superiore a quello che uno potrebbe pensare: una parola piccola, pronunciata in una lingua straniera.

I Padri della Chiesa dicono che la Parola della Bibbia ci purifica e ha effetti straordinari. Le Parole di Dio sono come fuoco: “La mia parola non è forse come un fuoco”, dice il Signore, “e come un martello che spezza il sasso?” (Geremia 23,29)

La Bibbia è un tesoro, e non si può pretendere di capirla tutta e subito; bisogna accostarsi con umiltà e semplicità. Il primo trucco è saltare dei pezzi quando ci si annoia, poi continuare: troveremo in essa frasi bellissime… Ci sarà fatica, ma ci sarà anche una gratificazione, e una luce diversa perché, quando Dio parla, c’è luce!