(Dall’inserto “Bologna Sette” di Avvenire, pubblichiamo un’ampia sintesi dell’omelia dell’Arcivescovo nella Messa per la celebrazione cittadina della solennità del Corpus Domini. Testo integrale su www.chiesadibologna. it)
Oggi contempliamo il Corpo del Signore.
È un mistero di amore che non smettiamo di comprendere, che ci fa «sentire» l’amore e la Presenza che, tardi di cuore come siamo, non sappiamo riconoscere, dimentichiamo e che, proprio per questo, non smette di scaldare il nostro cuore e restare con noi.
Non è una lezione ma una Presenza che ci fa trovare il cuore, cioè noi stessi, perché troviamo Lui.
È Cristo che «fa comunione» con noi, ma ha bisogno del nostro cuore.
Lui si dona per la nuova ed eterna alleanza, definitiva, che mette pace tra terra e cielo.
Ma perché l’alleanza la capiamo bisogna essere in due e non può farla senza la nostra personale scelta.
Lui fa comunione con il suo pane e questa ci impegna a fare comunione della nostra vita, a fare comunione con il nostro prossimo, ad essere prossimo per chi incontriamo.
È una Presenza, non un’emozione, ineffabile, cangiante, un’entità indefinita e che per questo può assumere qualsiasi significato ma sempre modellato sul nostro io. È un Corpo che richiede attenzione, concretezza, costanza, che dobbiamo accogliere fisicamente nel cuore, che accende i nostri sensi. È nostro, non per possederlo, ma per amarlo.
Questo suo amore è il vero giudizio sulla nostra vita, sul nostro non amore, sulle complicità con colui che rovina la nostra vita e quella del prossimo.
Il suo giudizio è l’amore che possiamo comprendere e per questo diventare consapevoli della nostra resistenza, diffidenza, chiusura e delle conseguenze che questo causa su di noi e sul prossimo.
Sembra quasi che abbiamo paura del cuore, tanto che ci abituiamo a vivere senza, a tenerlo nascosto, perché farlo vedere ci fa sentire esposti, vulnerabili.
Cosa diventa la vita senza cuore, cioè quell’intreccio che ognuno di noi è, che solo l’amore sa conoscere?
In un mondo senza legami veri, egocentrico, pensiamo che il cuore per essere se stesso debba consumare, possedere, in quell’individualismo malsano che segna la vita. Il mondo così finisce per perdere il cuore.
Alcuni teorizzano che bisogna mettere da parte il cuore, come se non ci facesse vedere bene, diventasse ingenuità, ci facesse soffrire troppo, o che il mercato e lo sviluppo hanno conseguenze inevitabili e necessarie.
Non possiamo mai accettarlo!
La Pasqua è il doloroso passaggio che attraversa il buio, l’oscurità più grande, la morte.
Solo così la speranza si realizza.
La fiducia nel Signore addolcisce i «guai» inevitabili della vita vera, come dice Manzoni, e li rende utili per una vita migliore.
Solo «vedendo con il cuore », con gli occhi del cuore, scopriamo il mondo intorno.
L’Eucaristia dona il cuore e la comunione con il Signore e con i fratelli.
Ed è propria questa comunione la nostra forza, perché amore, infinito e con infiniti significati, amore che nutre il nostro cuore insoddisfatto, incerto, smarrito, peccatore.
Come ricorda Papa Leone XIV, nell’unico Cristo noi siamo uno.
Camminiamo insieme, cammineremo insieme con la gioia nel cuore e il canto sulle labbra.
Ci fermeremo ad adorare il suo Corpo, cioè a dire: “Gesù, io sono tuo e ti seguo nella mia vita, non vorrei mai perdere questa amicizia, questa comunione con te” (Dn68).
Restare con Gesù ci aiuta a restare e a non scappare, ci apre, non ci chiude, ci fa essere intimi con noi stessi per essere di cuore con tutti.
* arcivescovo
Nell’omelia della celebrazione cittadina del Corpus Domini, Zuppi ha ricordato che Gesù «fa comunione con il suo pane e questa ci impegna a fare comunione della nostra esistenza»
Sono stati centinaia i fedeli che hanno partecipato alla Messa in San Paolo Maggiore in occasione del Corpus Domini cittadino.
Al termine della celebrazione si è svolta anche la processione del SS. Sacramento lungo le vie Barberia e Cesare Battisti.